CASS. PENALE III SEZ. E D.LGS. 231/2001: GLI ENTI SONO SONO ESCLUSI DALL’APPLICAZIONE DELLA CAUSA DI ESCLUSIONE DELLA PUNIBILITÀ PER PARTICOLARE TENUITÀ DEL FATTO (EX ART. 131-BIS C.P.)

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La sentenza in commento della Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione rappresenta un’importante evoluzione della giurisprudenza in materia di responsabilità amministrativa degli enti, ai sensi del D.lgs. 231/2001. Questo provvedimento chiarisce che la causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’art. 131-bis del codice penale, non si applica agli illeciti amministrativi commessi dagli enti per mano dei loro dirigenti o dei soggetti sottoposti alla loro direzione.

La vicenda in sintesi

Il caso riguardava il direttore tecnico e amministrativo di una S.r.l. e la società stessa, entrambi assolti dal Tribunale di Sassari per l’illecito di gestione di rifiuti non autorizzata. Tuttavia, la Corte di Cassazione ha accolto i ricorsi e ha annullato la sentenza di assoluzione, sottolineando che il Tribunale non aveva adeguatamente motivato sulla sussistenza degli addebiti l’uno e dell’altro.

Il principio di diritto

La Corte ha ribadito che la responsabilità amministrativa dell’ente è autonoma rispetto alla responsabilità penale della persona fisica che commette il reato presupposto. Pertanto, l’eventuale esenzione da punibilità per la persona fisica, ai sensi dell’art. 131-bis c.p., non si traduce automaticamente in una esenzione di responsabilità per l’ente. Occorre quindi un accertamento autonomo della responsabilità amministrativa dell’ente, come previsto dall’art. 8 D.lgs. 231/2001.

Implicazioni pratiche

Questa pronuncia ha rilevanti conseguenze pratiche per le imprese e per i loro dirigenti. La responsabilità amministrativa dell’ente, essendo volta a sanzionare la “colpa di organizzazione”, richiede che le aziende adottino misure adeguate per prevenire la commissione di reati al loro interno. La mancanza di tali misure potrebbe comportare la responsabilità dell’ente, indipendentemente dal fatto che il soggetto autore del reato possa usufruire di esenzioni di punibilità.

In sostanza, la Corte di Cassazione ha chiarito che l’autonomia della responsabilità dell’ente rende necessaria una vigilanza costante e un’adeguata organizzazione interna. Ciò eleva le responsabilità per i dirigenti e le imprese, ponendo un forte accento sull’importanza della compliance e delle misure preventive in ambito lavorativo e gestionale.

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INFO LAVORO: ESONERO CONTRIBUTIVO PER LE LAVORATRICI MADRI 2024-2026, DIPENDENTI E AUTONOME (BONUS MAMME)

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Il nuovo esonero contributivo per le lavoratrici madri, previsto dal disegno di legge di Bilancio 2025, introduce diverse novità rispetto alle misure attuali in vigore. Ecco un riepilogo dei punti chiave:

  1. Platea Beneficiaria Ampia: Il nuovo esonero si applica a un numero maggiore di lavoratrici, inclusi i contratti a tempo determinato (ad eccezione delle lavoratrici domestiche) e le lavoratrici autonome, purché non optino per il regime forfettario.
  2. Requisito di Reddito: È previsto un limite di reddito per le madri beneficiarie, fissato a 40.000 euro annui per la quota imponibile ai fini previdenziali.
  3. Durata della Misura: L’esonero sarà disponibile dal 2025 per le lavoratrici con due o più figli. Le madri con almeno tre figli che attualmente usufruiscono del regime completo continueranno a farlo fino alla fine del 2026.
  4. Età dei Figli: L’esonero continua a coprire le madri con figli fino al compimento del diciottesimo anno di età del più piccolo.
  5. Entità dell’Esonero: L’entità esatta dell’esonero non è ancora definita ed è prevista una misura parziale, a differenza del 100% offerto nel regime attuale, fissato a un massimo di 3.000 euro annui.
  6. Mantenimento dei Diritti Pensionistici: Sottolineato il vantaggio di non compromettere i diritti pensionistici delle lavoratrici beneficiarie, mantenendo l’aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche.
  7. Regolamentazione Futura: L’esonero sarà dettagliato tramite un decreto interministeriale entro 30 giorni dall’entrata in vigore della legge di Bilancio.

Queste modifiche mirano a rafforzare il sostegno alle famiglie e incentivare la natalità, con un’attenzione particolare al reddito delle madri e alla loro situazione lavorativa.

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INFO LAVORO (ART. 34 DDL BILANCIO): INDENNIZZO CONGEDO PARENTALE ESTESO AL 80%

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L’articolo 34 del disegno di legge di Bilancio 2025 apporta importanti modifiche al congedo parentale, estendendo il periodo di indennizzo al 80% della retribuzione a un totale di tre mesi. Questa iniziativa si rivolge esclusivamente ai lavoratori dipendenti e si applica ai congedi utilizzabili entro i 12 anni di vita del bambino, con un massimo di dieci mesi di congedo parentale indennizzato, che possono arrivare a 11 mesi se il padre sfrutta almeno tre mesi di congedo.

In precedenza, alcune di queste assenze erano indennizzate al 30%, mentre altre non ricevevano alcuna indennità. L’adeguamento delle indennità è iniziato con la legge 197/2022 (Bilancio 2023), con ulteriori progressi nella legge di Bilancio 2024. Tuttavia, l’incremento dell’indennizzo è valido soltanto se i mesi di congedo sono utilizzati entro il sesto anno dalla nascita o dall’adozione del bambino.

Le disposizioni legislative risultano piuttosto complesse, specialmente per quanto riguarda la decorrenza delle condizioni migliorative, che dipendono dalla data di conclusione del congedo obbligatorio di maternità o paternità. Secondo le linee guida dell’INPS, le diverse situazioni si configurano come segue:

  1. Congedo concluso entro il 2022: indennizzo al 30%.
  2. Congedo concluso nel 2023: 1 mese indennizzato all’80%.
  3. Congedo concluso entro il 2024: 2 mesi indennizzati all’80% (il secondo mese sarà mantenuto all’80% anche se fruito dopo il 2024).
  4. Congedo concluso dal 2025 in poi: 3 mesi indennizzati all’80%.

Dopo i mesi indennizzati all’80%, l’indennizzo scende al 30% per i mesi successivi fino al nono mese, e si azzera successivamente, mantenendosi comunque al 30% se il congedo viene avviato nel settimo anno di vita. Per il decimo e l’undicesimo mese, l’indennizzo al 30% è disponibile solo se il reddito individuale del genitore è sotto un certo limite.

È essenziale notare che queste regole si applicano solo ai lavoratori dipendenti. Se uno dei genitori è un lavoratore autonomo o non ha un lavoro, occorre prestare particolare attenzione alle modalità di fruizione, come indicato nella circolare 57 dell’INPS.

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CASSA FORENSE SUL CONCORDATO PREVENTIVO BIENNALE: ESCLUSI I CONTRIBUTI PREVIDENZIALI DEGLI AVVOCATI

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Il concordato preventivo biennale (CPB), introdotto dal Dlgs n. 13/2024, offre ai contribuenti un’opzione per pagare le tasse sulla base di una proposta formulata dall’Agenzia delle Entrate, evitando accertamenti tributari per due anni. Tuttavia, la Cassa Forense ha chiarito che, nonostante quanto previsto dall’articolo 30 del decreto, gli avvocati che aderiscono al CPB continueranno a versare i contributi previdenziali in base al reddito effettivamente prodotto.

L’articolo 30 stabilisce che eventuali variazioni del reddito, per ciò che concerne le imposte e i contributi previdenziali, non dovrebbero influire sulla determinazione degli obblighi contributivi. Tuttavia, l’Adepp, che rappresenta le casse di previdenza dei professionisti, ha ribadito che tale norma non è applicabile agli enti di previdenza privatizzati, in quanto comprometterebbe la loro autonomia e stabilità finanziaria.

Le casse di previdenza private sono vincolate a mantenere l’equilibrio di lungo termine e quindi non potranno beneficiare della flessibilità prevista dal CPB in merito ai versamenti contributivi. Gli avvocati interessati a partecipare al CPB devono procedere con l’adesione entro il 31 ottobre 2024, ma è importante che considerino l’impatto sui propri obblighi contributivi.

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