La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 36566 della Sesta sezione penale, ha delineato i criteri per stabilire il concorso nel reato di peculato, in particolare per soggetti che non siano pubblici ufficiali o incaricati di pubblico servizio. La Corte ha chiarito che la responsabilità per peculato di soggetti esterni alla pubblica amministrazione si configura solo se questi sfruttano la relazione di “possesso per ragioni di ufficio o di servizio” di un pubblico agente per appropriarsi di un bene.
Il caso in esame riguarda quattro dipendenti di una cooperativa che lavorava per conto di SDA Express Courier spa, accusati di essersi appropriati di merci in transito per rivenderle sul mercato nero. La Corte d’appello aveva escluso la qualifica di incaricati di pubblico servizio per i quattro, dato che svolgevano mansioni esclusivamente materiali ed esecutive, ma aveva ritenuto configurabile il concorso in peculato grazie a una collaborazione con due guardie giurate.
Le guardie giurate, accusate di omissione di controllo, avrebbero concorso moralmente nella condotta appropriativa dei dipendenti della cooperativa. La Corte di Cassazione ha però sottolineato la necessità di verificare se queste guardie avessero una relazione di possesso con le merci e se tale relazione fosse stata strumentalmente sfruttata dagli imputati per configurare il peculato. In caso contrario, si dovrebbero considerare altri reati come il furto o l’appropriazione indebita.
Infine, la Cassazione ha sottolineato che le guardie giurate rivestono la qualifica di incaricati di pubblico servizio solo nell’ambito delle loro funzioni di custodia e vigilanza, legando la loro responsabilità alla natura specifica dell’attività svolta e alla relazione con i beni sottratti.
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